Il sacrificio di sé

il sacrificio di sé

Il sacrificio di sé

Per alcuni un atto ridevole, incomprensibile, un gesto di estrema stupidità mentale: “Perché mai agire a proprio discapito“? Per altri invece, si tratta di un atto lodevole, condivisibile, un gesto di estrema nobiltà morale/spirituale: ” È la cosa giusta da fare“. Comunque stiano le cose, non posso fare a meno di ricordare una persona eccezionalmente stupida o nobile…

Faraaz Hossain, un nome che a molti non dirà niente o quasi, ma che personalmente mi è  rimasto impresso. Un ragazzo che ha preferito la morte alla salvezza, che ha barattato un futuro brillante con un una fine dolorosa e prematura, piuttosto che abbandonare le sue amiche al loro destino (e quanti “amici” avrebbero fatto lo stesso?)…

Si dice: “Un amico si riconosce nel momento del bisogno“, in questo caso il detto si è seguito anche fin troppo alla lettera; dopotutto il suo sacrificio è stato inutile, le sue amiche sono morte ugualmente. Sarebbe dovuto scappare da quel mattatoio (strage di Dacca), nessuno lo avrebbe biasimato, e un giorno avrebbe superato quel tragico avvenimento, del resto era giovane, aveva ancora tutta una vita davanti a sé. Dico, sarebbe stata la cosa più logica da fare: sopravvivere. Invece no, il comando che dovrebbe essere la priorità, l’imperativo assoluto di ogni essere vivente, vivere, è stato scavalcato, ma da che cosa? La madre ha dichiarato che il figlio non avrebbe mai potuto perdonarsi, se fosse scampato sano e salvo da quell’orrore, sapendo di aver però lasciato indietro due persone a lui care. Per lui la morte è stata preferibile ad un’esistenza afflitta dal rimorso; sì: l’amicizia, l’altruismo e l’amore, tutto ciò lo ha spinto all’estremo gesto del sacrificio di sé e per.

Proprio così, il sacrificio per altri, alla fine della fiera, altro non è che il sacrificio per se stessi, una forma  d’amore di sé, che pur di evitare un tormento reputato ingestibile, opta per l’autodanneggiamento o perfino l’autodistruzione.

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