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Homo Definitus

Homo Definitus

Homo Definitus

Una mappa.

Una mappa che sia sempre più completa, coerente e ordinata, perché la manchevolezza, l’ambiguità e il caos fanno paura.

Quello che facciamo è “semplice”: convertiamo territorio sconosciuto (fenomeni, fatti, dati) in territorio posseduto (concetti, teorie, tecnologia). Fetta dopo fetta, con le unghie e con i denti, tra mille avversità, espandiamo il nostro impero di senso e logicità.

L’imperativo è imbrigliare la realtà, arginare la sua impetuosa e travolgente complessità per canalizzarla in reti distinte e gestibili di sapere: comprimere e catalogare, comprimere e catalogare. Ed evidentemente questa ambiziosa e laboriosa opera di mappatura sarebbe preclusa senza l’ausilio di un dispositivo di codificazione all’altezza: il linguaggio (umano): deposito e veicolo di significato.

Ma cosa ci muove all’esplorazione e alla conquista? L’istinto di conservazione, anzitutto.

Come sosteneva giustamente Darwin, sopravvivere vuol dire adattarsi all’ambiente di appartenenza e ciò, l’adattamento, presuppone, per il suo verificarsi, inevitabilmente un determinato ordine di comprensione (anche solo intuitivo, percettivo, come da parte di animali e piante) delle dinamiche e dei meccanismi interni all’ambiente di riferimento.

Ma cavarcela nella savana è stato solo il primo passo; le nostre definizioni ci hanno condotto lontano, molto lontano: ci siamo innalzati dallo stato di natura e dall’essenziale sopravvivere siamo passati allo sofisticato governare.

Guardatevi attorno.

Guardate fino a che punto siamo riusciti – nel bene e nel male – a organizzare e modellare il reale al nostro volere…

A parte questi incentivi, che potremmo definire pragmatici, utilitaristici, dietro alla nostra spinta definitoria alla febbrile ricerca di conoscenza e ordine, mi pare di scorgere una motivazione – forse inconscia –  “umanistica“, esistenzialista: chi/che cosa siamo?

Cogliere noi stessi, per esclusione, completando il resto del puzzle.

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Se cessiamo di procedere con la vita, tendiamo a regredire verso modi di adattamento immaturi/infantili, e questa regressione in risposta al conflitto genera vari sintomi di nevrosi (ansia intensa, fobie, comportamenti compulsivi, apatia, pensieri ossessivi e invadenti); ma per quanto sgradevoli questi sintomi possano essere, essi svolgono un’importante funzione: ci allertano del fatto che stiamo discendendo verso un sentiero di vita pericoloso, poiché mentre regrediamo psicologicamente la nostra maturazione fisica non si arresta e un’occhiata allo specchio ci rammenta che non stiamo tenendo il passo con le stagioni della vita, che scorre in una marcia inesorabile. Più rimaniamo in questo stato di conflitto, meno adeguati ci sentiamo e il circolo vizioso prende il sopravvento, ove la ritirata dalla vita conduce alla regressione, e la regressione acuisce la resistenza alla vita. 

Carl Jung – La Teoria della Psicoanalisi

Regressione

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