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Dove sono (tutti)?

Quando la notte volgo lo sguardo al sublime cielo incastonato di stelle, mi domando…

Sì, vabbè, magari potessi godere gratuitamente di una vista simile! Ricominciamo.

Nell’ultimo periodo, perlomeno dall’altra parte dell’oceano, si è tornati a parlare per l’ennesima volta di apparizioni UFO, ora denominate UAP (Unidentified Aerial Phenomenon), con nuove testimonianze video fornite non già come di consueto accade, da parte di civili, ma direttamente da organi militari/governativi quali la NASA e il Pentagono, prove che hanno inevitabilmente riacceso con vigore l’annoso dibattito e relative speculazioni in merito.

Ora, non sono un appassionato di ciò che riguarda lo spazio, il cosmo, l’universo ecc.- non che disdegni l’argomento, ma diciamo che i miei pensieri sono rivolti in prevalenza a questioni più terrene, inerenti alla persona umana – ma confesso di trovare stuzzicante il cosiddetto paradosso di Fermi, dal nome del celebre fisico, ovvero: se la matematica, prendendo in considerazione i fattori e le variabili del caso, ci dice che l’universo dovrebbe ospitare un tot di forme di vita intelligente, avanzate a tal punto da rendere manifesta la loro esistenza, in modo diretto e/o indiretto, ebbene, dove sono? Perché non vi è alcuna traccia di loro?

In questo post mi voglio lasciare andare e sparare tante ipotesi quante la mia mente riuscirà a partorirne!

A rigor di logica, le macro categorie sono due: siamo soli; non siamo soli. Andiamo per ordine.

Siamo soli

i) La vita intelligente è estremamente rara

Le stime peccano di ottimismo. Per quanto l’universo ci appaia e sia a tutti gli effetti uno spazio sconfinato, che l’insieme delle condizioni necessarie e favorevoli alla genesi di vita prima e allo sviluppo di organismi di una certa complessità poi si verifichi, nella corretta sequenza e per il lasso di tempo opportuno, è tutto all’infuori che probabile. Abbiamo vinto alla lotteria delle lotterie.

ii) Siamo gli ultimi

L’universo è in essere da qualcosa come 13 miliardi di anni, l’uomo è comparso quando? Un centinaio di migliaia di anni fa? E in quel battito di ciglia, quante civiltà sono sorte e tramontate? L’universo ha visto nascere molteplici razze di successo, ma, com’è pronosticabile, ciascuna ha fatto il proprio tempo ed è andata incontro alla sua fine. We are the last to go.

iii) Matrix

Il primo contatto non è ancora avvenuto e mai avverrà. Siamo in una simulazione (dal fine imperscrutabile). Ci siamo solo noi, assieme ai nostri deliri.

Non siamo soli

i) ∞+

Il cosmo è semplicemente troppo vasto. Le distanze abissali (quasi) stroncano sul nascere ogni speranza di un incontro (nel breve-medio periodo); per di più, come se non fosse già abbastanza improbabile, l’universo è in continua e vertiginosa espansione.

ii) Snobbati

Pat pat umanità. Ah, da quando ci grattavamo nelle caverne… quanta strada abbiamo fatto! Ma che cosa saremmo agli occhi, o equivalente, di extraterrestri avanti mille, diecimila, centomila (o più) anni rispetto a noi? Suppongo che non ci terrebbero in grandissima considerazione.

iii) Igiene

L’interazione tra civiltà terrestri distanti nello spazio è stata spesso accompagnata dal germe della malattia: gli alieni sono consci dell’elevato rischio di contrarre morbi fatali, se mai venissero in contatto con un’altra specie. Preferiscono evitare di venire qui e stringerci la mano.

iv) Dalla parte sbagliata

La Terra è localizzata in un quadrante della galassia considerato dai più inospitale, ostile; la “festa” è altrove.

v) Scilla e Cariddi

Il mare cosmico brulica di insidie e pericoli tremendi, forze annientatrici – si pensi ai celebri buchi neri – , avvenimenti di una violenza e portata apocalittiche – come l’esplosione di una stella di neutroni – . Di conseguenza, il viaggio spaziale non deve essere tanto in voga; oppure, ci potrebbe essere un serio ostacolo di cui non siamo a conoscenza, lì da qualche parte, che “inghiotte” drasticamente la possibilità di una visita…

vi) Civiltà tipo 0

Scordiamoci una visitina o un messaggio di segreteria, nel breve periodo. Altro che civiltà aliene mega-iper-ultra avanzate, il club è in verità piuttosto omogeneo, composto da membri arretrati circa quanto lo siamo noi: se ne riparla fra qualche eone!

vii) We can’t

Siamo delle forme di vita costituite di materia, basate sull’elemento carbonio, organismi modellati qui nel contesto “Terra”, creature perciò calibrate a percepire determinate cose ma non altre, a interagire unicamente con una gamma ben precisa di stimoli. E.T. potrebbe rivelarsi più alieno di ogni più nostra fervida immaginazione; talmente alieno nella sua configurazione biologica, nella sua essenza, da esserci invisibile, inavvicinabile, trascendente.

viii) Su un piano differente

Tutto, presto o tardi, smetterà di funzionare: l’universo non fa eccezione. Anche l’universo ha le ore contate. Verrà il momento in cui esso consumerà la sua ultima “goccia” di joule, precipitando così nella più assoluta staticità e oscurità. Game over. Consapevole di questo orizzonte ultimo degli eventi, ineluttabile, una razza aliena lungimirante, che abbia seriamente a cuore il perdurare della propria specie, si prefiggerebbe l’ambizioso progetto di ideare una tecnologia capace di aprire una varco verso altri universi. Il successo in tale impresa vorrebbe dire avere accesso ad un numero forse infinito di universi (idonei o persino migliori di quello natio) dove emigrare. Se fossimo stati lasciati indietro?

ix) Cervello in una vasca

Ma forse spalancare portali extra-dimensionali è una seccatura troppo grossa, inoltre non è detto che tutti s’impuntino sul voler sopravvivere indefinitivamente. Prendete degli esseri che: a) abbiano trovato un modo per generare un quantitativo di energia a un tempo spropositato e costante; b) sappiano come copiare/trasferire la coscienza e abbiano a disposizione un simulatore virtuale da urlo; c) siano dotati di una forte, vorace spinta edonistica . Se mettiamo insieme il quadro, ne viene fuori una razza terribilmente assettata di sempre nuove esperienze piacevoli che decide senza troppe remore di andare irrevocabilmente “online” su delle macchine esaudisci desideri-fantasie che funzioneranno per molto ma molto tempo…

Concludo solo con due ovvie postille.

1) Le suddette ipotesi non hanno tutte il medesimo peso o la medesima plausibilità, alcune sono più sensate, convincenti di altre.

2) Esistono innumerevoli varianti per molte delle ipotesi; per non parlare poi delle possibili combinazioni che si possono operare fra di esse.

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Brucia mio cosmo…

 

Brucia mio cosmo...

Brucia mio cosmo…

Ardi fino ai limiti estremi della costellazione! FULMINE DI PEGASUUUS!!!

Faccio conto che il richiamo citato sia immancabilmente e immediatamente conosciuto ai più (in caso contrario, avete avuto un’infanzia manchevole…), d’altra parte, stiamo parlando di quell’indiscusso gioiello del doppiaggio italiano che porta il nome di “I Cavalieri dello zodiaco“. Un lavoro eccelso; una di quelle rarissime occasioni in cui l’adattamento sorpassa l’originale.

I Cavalieri dello zodiaco

Dialoghi aulici (si pensi alla saga delle dodici case), mamma mia, che delle volte sfiorano delle vette, ma delle vette di poeticità, che al solo pensiero… Sul serio, chiudendo gli occhi potremmo essere indotti a credere di udire il discorrere di personaggi di un poema epico, piuttosto che di quello di un cartone animato. Ma l’eloquio è solo una parte dell’equazione, perché le parole più belle del mondo non sono niente, se non veicolate dal corrispettivo trasporto emotivo, e in Saint Seiya (nome originale dell’opera) giustappunto troviamo un’interpretazione carica di pathos, all’altezza del registro linguistico.

Saga delle dodici case

Va bene, fatta la necessaria lode, veniamo al sodo di questa nostalgica reminiscenza. Trovo che I Cavalieri dello zodiaco ci possano insegnare o almeno ribadire due grandi lezioni di vita, l’una il combustibile dell’altra.

Rialzarsi sempre

Se avete visto la seria animata, vi ricorderete anche fin troppo bene l’assurda dose di mazzate cosmiche a cui i nostri cavalieri di bronzo venivano sottoposti nel corso delle loro peripezie, uno su tutti Pegasus (non che i compagni fossero da meno, ma la sua figura è troppo iconica), cavaliere della costellazione del mitico destriero alato, da cui il nome. Potevano scagliargli  addosso l’intero repertorio di attacchi speciali/finali previsti dal fantastico universo narrativo del manga; fa “nulla”: egli traballante e vacillante, con il corpo martoriato, devastato, sputando sangue a fiotti e con gli occhi spenti di un pesce esposto in pescheria, si imponeva, dico, a ogni duro e ricorrente bacio al pavimento, la posizione eretta.

Dove risieda la vera forza

L’impressione era di vedere un’inerme bambola di pezza venire brutalmente strapazzata: una successione di percosse che appariva interminabile, tale da sfiancare lo spettatore stesso. Il nemico, esplicitamente superiore in qualsiasi aspetto, passava dall’essere seccato, da quella ostinata resistenza, all’esserne completamente terrorizzato: “Come diavolo riesce a reggersi ancora in piedi? È moribondo. Da dove viene questa forza? È solo un infimo cavaliere di bronzo (ultimo nell’ordinamento di potenza, dopo oro e argento). Cosa lo spinge a sobbarcarsi e a sopportare questa valle di dolore, a rischiare la vita stessa? Non ha alcun senso.”; questi gli interrogativi che affliggono il cattivo. Ma il nostro eroe non ne fa assolutamente mistero. A Ogni colpo ricevuto, letale abbastanza da condurlo sempre più vicino alle porte dell’Ade, Pegasus esorta sé stesso, per quanto ben oltre lo stremo delle sue forze, a rialzarsi, a lottare, a vincere, non per sé, ma per la libertà, per la giustizia, per l’umanità, per il bene: per la dea Atena/Lady Isabel!

Brucia mio cosmo, ardi fino ai limiti estremi della costellazione! FULMINE DI PEGASUUUS!!!

I Cavalieri dello zodiaco ci ispirano a non cedere alle intemperie della vita, ma di raddrizzarci, come canne di bambù, dopo ogni sollecitazione; e questa tenacia, può essere maggiormente conseguita e attinta se si è in possesso di una profonda e viscerale ragione di vita, sia essa l’amore verso una persona o sia essa il preservamento/perseguimento  di un ideale: la forza ricavata dalla fonte “per me”, ti può portare soltanto fino a un certo punto, è limitata; la forza, invece, derivante dalla sorgente ” per….”, ti può portare fino ai limiti estremi e oltre, è infinita.

Per Atena

 

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