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Pioggia

Pioggia

Pioggia

Dalla natura e dai suoi elementi proviene un tenue ma insinuante richiamo, presumibilmente l’eco residuale del nostro trascorso evolutivo, memoria del tempo in cui la proto-umanità  abitava la natura.

Che sia il verde rasserenante  di una vasta prateria in fiore, lo sfrigolio appagante di un focolare, l’immensità avvolgente del cielo o il distensivo fluire delle acque di un fiume, vi è un sentore inequivocabile. Personalmente, è nel fenomeno atmosferico della pioggia che quel sentore, quella percezione,  echeggia in me più acutamente.

In precedenza ho tirato in ballo i nostri progenitori per spiegare l’influsso esercitato dalla natura sui sensi. Spesso, nell’immaginario, ci rappresentiamo un gruppo di ominidi che accidentalmente, tramite l’intervento di un fulmine che si abbatte su un albero, a causa di condizioni ambientali favorevoli alla combustione spontanea o a scintilla scaturita dallo sfregamento di due pietre, viene a conoscenza del fuoco. Si pensa al profondo stupore che essi devono aver avvertito nel vedere quella roba luminosa, calda e pericolosa; io, invece, non posso fare a meno di domandarmi: qual è stata la reazione alla scoperta della pioggia? Esultanza? Orrore? Vedere l’acqua, che fino a quel momento era localizzata a terra, e solamente in siti ben precisi, precipitarti sulla testa in un’immane numero di “punture”, dall’alto, dal cielo, magari con furia… non mi meraviglierei se da ciò ebbe origine una superstizione riguardante un fiume celeste.

Della pioggia mi incanta tutto: il suo odore penetrante, il rumore cadenzato del suo tamburellare, ma è specialmente il suo aspetto, in apparenza filiforme, che ha presa su di me: l’incedere di centinaia di migliaia di aghi diafani che, sferzando il mondo, s’infrangono al suolo e si nebulizzano all’istante; per non parlare poi  dei cerchi concentrici che incessantemente si vengono a formare sulla superficie delle pozzanghere: una visione psichedelica che con facilità mi fa piombare in trance…

E quando non mi fa imbambolare, la pioggia è una musa ispiratrice di pensieri filosofici – la pioggia deve essere una sorta di catalizzatore – . Per un qualche motivo, la mia mente viene diretta, quasi forzatamente, verso meditazioni di carattere fondamentale quali la struttura del reale, la natura del tempo, l’esistenza umana e cosi via. Un fatto che non cessa mai di sorprendermi e affascinarmi.

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Nulla mi urta tanto quanto vedere gli uomini tormentarsi l’un l’altro, specie quando sono giovani che potrebbero godere di tutte le gioie e che invece si amareggiano i pochi giorni buoni concessi e troppo tardi si accorgono della loro irreparabile prodigalità.

Johann Wolfgang von Goethe – I dolori del giovane Werther

Irreparabile prodigalità

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La felicità in pillole

La felicità in pillole

La felicità in pillole

Ah, la feli-ci (letizia o mestizia, quale delle due vi sopraggiunge dallo scandire di queste quattro sillabe?)….

La ricercata numero uno al mondo da qualsiasi bipede implume che abbia un tempo solcato, che stia tuttora solcando e che eventualmente solcherà il pianeta. E tuttavia, per assurdo, nessuno sembra essere in possesso di un esatto identikit di questa fuggiasca più sfuggevole dell’anguilla più viscida.

Ma che cos’è la felicità?

Il dizionario recita: “condizione di letizia, di gioia, di soddisfazione“; vivisezionando ulteriormente, per “condizione” s’intende, nel nostro caso: “stato fisico, morale, psicologico ed economico di una persona“; per cui segue la proposizione: la felicità è il benessere fisico, morale, psicologico ed economico di una persona. Da qui la risaputa difficoltà nel procacciarsi la tanta agognata felicità. Mica un giochetto spuntare tutte le caselle…

Godere di una buona salute fisica e mentale, procedere per la retta via, navigare (almeno) nel bronzo; e poi il non meno arduo compito di mantenere tale tenore.

Be’, dopotutto è stato rapido e indolore ricercare la formula della felicità, giusto un tantino asettico può darsi; ma il titolo non era “La felicità in logicismi“, e perciò veniamo alla pillola della questione…

A parlare di emozioni e sentimenti (non ho mai ben capito la reale distinzione ma vabbè) si fa presto a rivestirle in un etereo alone di magia e mistero. È indubitabile: la sensazione nuda e cruda di un’emozione che di punto e in bianco decide prepotentemente di permeare il tuo essere, è molto potente, magica se volete ma, c’è un ma, si tratta pur sempre di un fenomeno terreno, fin troppo terreno. È sostanzialmente (neuro)chimica.

La felicità è riducibile alla giusta dose di dopamina, serotonina ecc. In linea teorica potremmo elaborare la pillola della felicità.

Una pillola priva di controindicazioni, ingeritela e sarete sempre felici finché vivrete; urtate il mignolo del piede nel solito maledette spigolo, felici; vi svelano il finale di una storia, felici; la vostra squadra del cuore retrocede in serie D, felici; il pesce rosso ci lascia le squame, felici; venite ingiustamente licenziati dal capo, il mutuo non aspetta, vi pignorano la casa, la vostra amata metà vi lascia portandosi via vostro figlio e finite per vivere sotto i ponti, soffrendo di fame e di stenti, felici; purtroppo, venite a sapere che la vostra creatura è stata stroncata da un ‘improvviso e violento male, partecipate al funerale e nel dare l’ultimo saluto non siete afflitti, distrutti dal dolore e dalla tristezza ma imperturbabili, rimanete felici.

Ingerireste la pillola? e in caso affermativo, sarebbe quella la tanto decantata e sospirata felicità?

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