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Chi ci capisce è bravo

Diciamocelo pure, abbiamo perso la trama… E da un pezzo. Fino al medioevo, direi che bene o male c’eravamo. È dalla modernità in avanti che abbiamo progressivamente smesso di capire il mondo.

L’illuminismo, il metodo scientifico, la rivoluzione industriale: il progresso. Bestia da soma che lemme lemme ha trainato l’umanità (o comunque una considerevole parte di essa) fuori da selve oscure, attraverso lande desolate, verso un orizzonte abbacinante di speranze e traboccante di abbondanza. Di fatto, assuefatti come siamo agli innumerevoli frutti del progresso tecnico-scientifico, è raro che uno si fermi a contemplare la straordinaria entità delle opzioni a propria disposizione; ma ancora più raro, infinitamente più raro, è trovare uno che possa in piena coscienza sostenere affermativamente di conoscere nel vero senso della parola ciò che in primo luogo permette quelle stesse straordinarie possibilità.

Se mi guardo un secondo attorno, mi posso rendere facilmente conto di essere contornato da cose ordinarie che sfuggono alla mia comprensione. Ne è un esempio lampante il laptop che mi sta di fronte mentre scrivo questo mio articoletto. Un oggetto che per quanto ne so potrebbe benissimo trattarsi del risultato scaturente da un rituale occulto di magia nera… Qualcheduno, di cui però non riesco a ricordare il nome, osservò che una tecnologia sufficientemente avanzata è pressoché indiscernibile da un sortilegio. Non credo che chi abbia espresso questo pensiero intendesse riferirsi alla nostra situazione attuale, ma direi che calza a pennello. Usiamo quotidianamente strumenti dei quali ignoriamo praticamente tutto: composizione interna, funzionamento (complessivo e delle singole parti), per non parlare poi dei principi fisici/chimici che ne stanno alla base.

Dopotutto, questo sembra un piccolo prezzo da pagare in cambio di uno status semidivino, no?

Non è forse irrealistico pretendere che la persona media possa essere abbastanza ferrata, non in uno solo ma in svariati campi del sapere tecnico-scientifico, tale da poter comprendere la complessa realtà nella quale è immersa? Voglio dire, abbiamo organizzato la nostra conoscenza e il suo perseguimento in ambiti così altamente specializzati, frammentati, compartimentalizzati che un esperto di x è alla meglio probabilmente mediocre per quanto riguarda y ed è certamente un profano su z. Insomma, ciò che ci “affligge” non è un qualcosa cui possiamo sperare di sopperire semplicemente con un’istruzione migliore – che d’altra parte non potrebbe mai stare al passo dell’innovazione che il tempo necessario per una nuova nozione/tecnica di venire formalizzata in un programma di studi, soprattutto in determinati campi, ed è già preistoria -.

Ma sì, consoliamoci del fatto che, grazie al motore capitalismo e ai suoi irresistibili incentivi, le conquiste esoteriche dei nostri sacerdoti, anziché rimanere prerogativa di pochi eletti, assumano invece una sembianza a noi comuni mortali più congeniale, accessibile, sfruttabile, ossia nella forma di prodotti o servizi destinati a soddisfare ogni nostro bisogno e capriccio. Auguriamoci solamente di non fare il proverbiale passo più lungo della gamba con l’intelligenza artificiale perché, a quanto pare, a stessa ammissione degli addetti ai lavori, ignoriamo che cosa avvenga realmente “sotto il cofano” di questi sofisticati algoritmi. Che il gregge sia smarrito, questo è un conto, magari tollerabile; ma che pure il pastore lo sia a sua volta… Beh, questo direi che non va affatto bene…

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Dopo un anno, e qualcosa di più, di lavoro a contatto con il pubblico, una cosa posso affermare fuor di qualunque ragionevole dubbio: nella gente non vi è traccia alcuna di quel lume della ragione tanto caro agli illuministi.

Giorno dopo giorno, interazione dopo interazione, l’uomo della strada non ha fatto altro che dare schiacciante prova del profondo sonno in cui versa il suo intelletto. Si badi bene, chi scrive non si reputa di certo dotato di chissà quale acuto e penetrante intelletto, per carità, ma perlomeno ritengo di potermi dichiarare, senza arroganza, una testa pensante… Al contrario, nell’individuo medio, per dirla aristotelicamente, pare in atto la sola anima sensitiva: l’appetito e l’istinto la fanno chiaramente da padroni; egli è mosso da un automatismo animale e in quanto tale è avverso, idiosincratico nei confronti del discorso razionale: non ne fa uso né è disposto a prestarle ascolto, trincerato com’è nel suo gretto fortino edificato su cumuli e cumuli di stereotipi, fesserie e ragionamenti sconclusionati.

Sicuro, è irrealistico aspettarsi che la maggioranza della popolazione eccella nella pratica della riflessione o che possegga uno spiccato spirito critico, ma certamente non sarà così ignorante e stolta come viene per tradizione dipinta da una retorica élite fuori da questo mondo… – pensavo. Mi sbagliavo (in larga parte).

Confesso che di quando in quando faccio ancora fatica a raccapezzarmi all’idea di un’umanità di siffatta risma e mi domando, allibito ogni volta: come diavolo fa il mondo a “girare”? I  miracoli esistono. Il solo fatto che io abbia condiviso queste righe, non su di un semplice pezzo di carta, ma su di una piattaforma di computer intercontinentalmente connessa, denominata internet – con tutto ciò che questo presuppone in termini di conoscenze fisiche e tecnologiche pregresse – , è già di per sé qualcosa che dovrebbe destare enorme stupore…

Per finire, non saprei stabilire se lo stato delle cose sia imputabile all’adozione di un sistema educativo disastroso, e quindi il prodotto di un certo tipo di società/cultura, o se invece si tratti di una realtà connaturata alla condizione umana, e quindi il naturale stato delle cose. Probabilmente, entrambe le cose; o meglio, l’ultima che viene amplificato in modo esponenziale dalla prima. Boh.  Mi auguro solamente che l’inevitabile e prolungata esposizione “zombificante” che mi attende non incida troppo pesantemente sulle mie facoltà mentali, ottundendole oltre l’irreparabile…

 

Buio

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