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Dopo un anno, e qualcosa di più, di lavoro a contatto con il pubblico, una cosa posso affermare fuor di qualunque ragionevole dubbio: nella gente non vi è traccia alcuna di quel lume della ragione tanto caro agli illuministi.

Giorno dopo giorno, interazione dopo interazione, l’uomo della strada non ha fatto altro che dare schiacciante prova del profondo sonno in cui versa il suo intelletto. Si badi bene, chi scrive non si reputa di certo dotato di chissà quale acuto e penetrante intelletto, per carità, ma perlomeno ritengo di potermi dichiarare, senza arroganza, una testa pensante… Al contrario, nell’individuo medio, per dirla aristotelicamente, pare in atto la sola anima sensitiva: l’appetito e l’istinto la fanno chiaramente da padroni; egli è mosso da un automatismo animale e in quanto tale è avverso, idiosincratico nei confronti del discorso razionale: non ne fa uso né è disposto a prestarle ascolto, trincerato com’è nel suo gretto fortino edificato su cumuli e cumuli di stereotipi, fesserie e ragionamenti sconclusionati.

Sicuro, è irrealistico aspettarsi che la maggioranza della popolazione eccella nella pratica della riflessione o che possegga uno spiccato spirito critico, ma certamente non sarà così ignorante e stolta come viene per tradizione dipinta da una retorica élite fuori da questo mondo… – pensavo. Mi sbagliavo (in larga parte).

Confesso che di quando in quando faccio ancora fatica a raccapezzarmi all’idea di un’umanità di siffatta risma e mi domando, allibito ogni volta: come diavolo fa il mondo a “girare”? I  miracoli esistono. Il solo fatto che io abbia condiviso queste righe, non su di un semplice pezzo di carta, ma su di una piattaforma di computer intercontinentalmente connessa, denominata internet – con tutto ciò che questo presuppone in termini di conoscenze fisiche e tecnologiche pregresse – , è già di per sé qualcosa che dovrebbe destare enorme stupore…

Per finire, non saprei stabilire se lo stato delle cose sia imputabile all’adozione di un sistema educativo disastroso, e quindi il prodotto di un certo tipo di società/cultura, o se invece si tratti di una realtà connaturata alla condizione umana, e quindi il naturale stato delle cose. Probabilmente, entrambe le cose; o meglio, l’ultima che viene amplificato in modo esponenziale dalla prima. Boh.  Mi auguro solamente che l’inevitabile e prolungata esposizione “zombificante” che mi attende non incida troppo pesantemente sulle mie facoltà mentali, ottundendole oltre l’irreparabile…

 

Buio

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Pensieri sulla morte

Pensieri sulla morte

Pensieri sulla morte

Un salto dal niente alla morte, tanto per ravvivare il tono…

Vista la conclusione del mio scritto precedente, era impensabile  che la mia mente potesse sorvolare sul tema “morte”. Mi sento ora come ora impreparato su più fronti a formulare un discorso unitario e sistematico sull’argomento, quindi mi limiterò a esporre una sfilza slegata di pensieri che mi sono sovvenuti pensando alla morte.

Dovremmo tutti, periodicamente, evocare la spettro della morte dinanzi alle nostre “s-pensierate” vite, per un duro ma virtualmente provvidenziale esame…

 

La morte è impareggiabile. Non vi è azzardo o dubbio o preoccupazione che le sia minimamente equiparabile; la morte può infondere coraggio, risoluzione, serenità.

 

Possiamo arrivare ad accettare solo razionalmente la nostra mortalità individuale.

 

Forse un giorno l’uomo riuscirà a estirpare la morte (naturale) ma non deve illudersi… dovrà sempre e comunque confrontarsi con la sua fine.

 

C’è una quanto mai singolare asimmetria tra la vita e la morte: un’unica maniera di affermare la propria esistenza in questo mondo, la nascita, che richiede tempo e non è immune da rischi; “infinite” modalità con le quali far svanire quella stessa esistenza, la morte, che incombe fin da subito (nascita e pre-nascita) ed è garantita al 100%. Un miracolo che la vita continui a persistere?

 

Si muore come minimo due volte.

 

Se fosse possibile, deciderei di tenere a bada la morte quanto basta per vedere fin dove l’umanità potrà spingersi prima che incomba imminente la sua estinzione.

 

 

 

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Thank you!

thank you so much!

Thank you!

Sono stato un ingrato, per tutto questo tempo, non ho realizzato di essere in debito con ciò che da molti anni continua ad arricchire le mie conoscenze: la lingua inglese. Se ricordo bene, tutto è cominciato guardando MTV. Da bambino mi chiedevo perché mai ci fossero persone che cantavano in una lingua diversa dalla mia, uno scherzo? un linguaggio inventato? Ad ogni modo, ne rimasi affascinato. Ma non è stata solo la parte strettamente melodica del canale che mi ha portato ad abbracciare l’inglese, infatti, mandavano in onda anche documentari biografici su cantanti e attori statunitensi, dove si ripercorrevano le principali tappe percorse dalle celebrità per arrivare al successo; quelle storie fecero scattare in me il desiderio di trasferirmi un giorno negli Stati Uniti d’America, nella terra delle opportunità, e diventare a mia volta un personaggio famoso. E la prima cosa che dovevo assolutamente fare, per attuare i miei piani, era, sorpresa, imparare l’inglese! Non la più alta delle aspirazioni, lo ammetto, però come fonte di combustione” è stata senza dubbio egregia…

Armato di una discreta dose di volontà, impugnai il “dizionario elementare d’inglese”, così si intitolava, e provai a memorizzare tutti i vocaboli contenuti in esso; ma sappiamo bene come l’interesse dei giovanissimi possa essere volatile: delle trottole frenetiche che si proiettano senza sosta da un’attenzione all’altra. Di fatto, dopo qualche mese di seria dedizione (era un Guinness World Record!), si spense l’interesse, e per quanto riguardò l’inglese, ritornai semplicemente a sintonizzarmi su quello che oggi viene ribattezzato canale 8.

Facciamo ora un salto temporale imprecisato, per giungere ad un anno che ha segnato definitivamente la svolta nel mio cammino di assimilazione della lingua anglosassone, e cioè al 2008. 16 anni dopo la coniazione delle parola Inter(connected)net(work) e della sua apertura al pubblico; finalmente anche fra le mie quattro mura domestiche: il mondo era a portata di click. Ma il miglioramento esponenziale del mio inglese, non fu il prodotto di un’azione premeditata, bensì il frutto di una necessità indiretta…

Da appassionato di anime e manga quale sono, non potevo che sfruttare la possibilità, offerta dalla rete, di portarmi avanti con gli episodi/le uscite delle mie serie preferite, senza dover sottostare agli inevitabili vincoli temporali della “realtà offline“, permettendomi in questo modo, di adeguarmi con lo stato di avanzamento giapponese. Fui allora introdotto nel dominio della visione sottotitolata, più precisamente del sub-eng: senza rendermene conto, avevo trovato un metodo efficace per (me) imparare l’inglese (o almeno la comprensione scritta) divertendomi. Efficace sì, ma all’inizio alquanto inefficiente in termini di tempo, infatti dovevo stoppare ogni volta che non conoscevo il significato di una parola, per cercare la sua traduzione su Google Traduttore (una scelta poco azzeccata); in secondo luogo, non ero affatto abituato a leggere sottotitoli, che parevano andare e venire alla velocità della luce. Per fortuna, a furia di andare avanti, le cose cambiarono in meglio, le “interruzioni” calarono drasticamente e la presenza dei sottotitoli non influì più in modo negativo sull’esperienza visiva.

Grazie ad un bagaglio linguistico più solido, potei servirmi appieno delle risorse messe a disposizione dal web: tutto il sapere collettivo mondiale, tutto quel materiale, tutte quelle informazioni; l’inglese come il passe-partout per ogni campo della cultura, dal benessere alla tecnologia.

l’accesso ad internet + la conoscenza dell’inglese= un valore aggiunto inestimabile!

Sono stato un  ingrato, ma adesso sono consapevole e riconoscente dell’immenso contributo che l’inglese ha apportato alla mia vita: THANK YOU SO MUCH ENGLISH!

Extra

Quando non sapete una parola o verbo frasale: WordReference

Per neologismi/slang: Urban Dictionary

Nel caso di una frase idiomatica: The Free Dictionary

 

 

 

 

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