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I greci nell’epoca del loro splendore non avevano che disprezzo per il lavoro, solo agli schiavi era permesso di lavorare: l’uomo libero conosceva esclusivamente gli esercizi ginnici e i giochi dello spirito.

Virgilio – Bucoliche

Almeno una volta al mese – ma decisamente di più -, nello spazio della mia coscienza, si fa largo con una certa insistenza un pensiero ahimè cieco, che non porta da nessuna parte: come posso diventare abbastanza ricco da consentirmi di non badare più al denaro per il resto dei miei giorni? Ma l’incapacità di trovare neanche il sentore di una risposta non impedisce di certo al mio cervello di fantasticare fugacemente su tale versione ideale della realtà… Tant’è vero che vengo estasiato da una carrellata di immagini, spezzoni, ritratti di una vita dedita all’otium.

Per me, denaro è tempo.

Una risorsa strumentale all’appropriazione del tempo personale, ossia del bene più prezioso che ci sia. Faccio fatica a figurarmi una conquista più fondamentale (tolte quelle basilari allo sostentamento psicofisico) per una completa “fioritura” dell’essere umano : disporre liberamente del proprio tempo! Per questo motivo, non mi capacito assolutamente di chi ha già ammassato un tale quantitativo di ricchezze da potere sistemare per bene come minimo cinque generazioni, ma continua imperterrito nella racimolazione più sfrenata. Poi, a me ugualmente incomprensibile, c’è chi si lascia visibilmente travolgere dal più vivo entusiasmo quando, tentando la fortuna ad un gioco con vincita in denaro, riesce a portarsi a casa una somma che non potrà neanche lontanamente fare la differenza. Proprio non riesco a mettermi nei panni di queste due categorie di persone… Persone che intendono i soldi non come un semplice mezzo ma come un fine ini sé stesso, persone che pensano di essere nel pieno possesso delle loro vite senza rendersi conto di essere loro quelli posseduti; persone che non si conoscono, che non hanno mai cercato di conoscersi, esse conoscono unicamente il perseguimento e l’appagamento di piaceri immediati, principalmente appresi dall’esempio altrui. Ma magari quello strano sono io.

In effetti, non credo sarebbero in moltissimi quelli che, messo a loro disposizione un capitale/una rendita esorbitante, impiegherebbero il loro tempo a leggere, scrivere, guardare film, serie tv, anime, meditare (sia nel senso di entrare in una stato di coscienza particolare, sia nel senso di riflettere su concetti, idee), allenarsi. Qualcuno potrebbe giustamente osservare che per dedicarsi alle citate attività non è mica indispensabile essere dei paperoni. Vero, ma nel mio caso, non è così semplice.

Non sarò avido di denaro né di averi materiali in generale, ma sono a dir poco bramoso di arricchire il più possibile il bagaglio del mio sapere: voglio aggiungere strumenti mentali al mio cassetto mentale degli attrezzi, voglio ampliare le mie vedute, avere molteplici prospettive su un dato fatto/argomento, sapere distinguere il bianco, la scala di grigi nel mezzo e il nero delle questioni, voglio avere l’opportunità di ricredermi, di venire sorpreso, confuso, ferito, di cambiare idea, voglio pensare pensieri nuovi. E, come se non ci fossero già “voglio” bastevoli per riempire sette vite, non è tutto. Nessuno ha sottocchio l’imponderabile diagramma delle cause e degli effetti, ma l’intuito mi suggerisce che l’aver consumato, nel periodo fortemente impressionabile dell’infanzia, assiduamente, titoli nipponici dello stampo di Dragon Ball – dove è centrale il tema del continuo superamento dei propri limiti – abbia pesantemente inciso, anzi che sia la causa prima della mia fisima di voler mettere sempre alla prova il mio corpo, di spingerlo sempre più in là, sollecitandolo il più differentemente possibile (in forza, elasticità, mobilità, equilibrio, velocità, resistenza, coordinazione). Fra queste due “ricerche” si è col tempo instaurato un rapporto che definirei di stretta simbiosi: la coltivazione dell’una finisce per giovare direttamente o indirettamente al progredire dell’altra e viceversa, formando uno splendido ciclo virtuoso; a testimonianza del fatto che il corpo e la mente sono in verità una sola è unica cosa.

Ecco, ora dovrebbe risultare più comprensibile se dico che la torta del mio tempo libero non è affatto commisurata al mio fabbisogno specifico individuale, e che da ciò derivi l’acuto pungolo di fame (di agiatezza) che regolarmente attanaglia il mio animo.

Delle volte mi domando se la strategia migliore non sarebbe quella di mettere in pausa indefinita quel briciolo di otium che mi sono sapientemente e finemente ritagliato e concentrare tutte le mie energie e il mio tempo nel (cercare di) diventare un d’uomo d’affari con i fiocchi e controfiocchi. Un pensiero che alla fine viene puntualmente scartato. Voglio dire, a parte lo scoglio non da poco rappresentato dal fiutare un qualcosa che rientri nelle mie corde e che nel medesimo tempo si dimostri una cospicua fonte di guadagno, l’idea di dover sacrificare – probabilmente per decenni, se tutto va bene – ciò che a conti fatti costituisce il sale della mia vita…

Dunque… Che io sappia no, il mio nome non è in lizza in nessun testamento di successione milionario; di avere la meglio sul calcolo delle probabilità, giocando alla lotteria o simili, non ne parliamo nemmeno; la figura del mecenate è scomparsa da un pezzo – anche se così non fosse, non credo farebbero a spintoni per accogliermi sotto la loro protezione – . Ci vorrebbe un miracolo, un miracolo tecnologico. Sarà pure una affermazione controversa, antipatica, egoista, ma, onestamente parlando: che cosa mi resta se non confidare nell’avvento e sopravvento, in tempo spero ragionevoli, di un’intelligenza artificiale in grado di rendere superfluo/opzionale il lavoro dell’essere umano?

Voglio essere milionario

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Pioggia

Pioggia

Pioggia

Dalla natura e dai suoi elementi proviene un tenue ma insinuante richiamo, presumibilmente l’eco residuale del nostro trascorso evolutivo, memoria del tempo in cui la proto-umanità  abitava la natura.

Che sia il verde rasserenante  di una vasta prateria in fiore, lo sfrigolio appagante di un focolare, l’immensità avvolgente del cielo o il distensivo fluire delle acque di un fiume, vi è un sentore inequivocabile. Personalmente, è nel fenomeno atmosferico della pioggia che quel sentore, quella percezione,  echeggia in me più acutamente.

In precedenza ho tirato in ballo i nostri progenitori per spiegare l’influsso esercitato dalla natura sui sensi. Spesso, nell’immaginario, ci rappresentiamo un gruppo di ominidi che accidentalmente, tramite l’intervento di un fulmine che si abbatte su un albero, a causa di condizioni ambientali favorevoli alla combustione spontanea o a scintilla scaturita dallo sfregamento di due pietre, viene a conoscenza del fuoco. Si pensa al profondo stupore che essi devono aver avvertito nel vedere quella roba luminosa, calda e pericolosa; io, invece, non posso fare a meno di domandarmi: qual è stata la reazione alla scoperta della pioggia? Esultanza? Orrore? Vedere l’acqua, che fino a quel momento era localizzata a terra, e solamente in siti ben precisi, precipitarti sulla testa in un’immane numero di “punture”, dall’alto, dal cielo, magari con furia… non mi meraviglierei se da ciò ebbe origine una superstizione riguardante un fiume celeste.

Della pioggia mi incanta tutto: il suo odore penetrante, il rumore cadenzato del suo tamburellare, ma è specialmente il suo aspetto, in apparenza filiforme, che ha presa su di me: l’incedere di centinaia di migliaia di aghi diafani che, sferzando il mondo, s’infrangono al suolo e si nebulizzano all’istante; per non parlare poi  dei cerchi concentrici che incessantemente si vengono a formare sulla superficie delle pozzanghere: una visione psichedelica che con facilità mi fa piombare in trance…

E quando non mi fa imbambolare, la pioggia è una musa ispiratrice di pensieri filosofici – la pioggia deve essere una sorta di catalizzatore – . Per un qualche motivo, la mia mente viene diretta, quasi forzatamente, verso meditazioni di carattere fondamentale quali la struttura del reale, la natura del tempo, l’esistenza umana e cosi via. Un fatto che non cessa mai di sorprendermi e affascinarmi.

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Meditare: cosa, perché, come?

meditare cosa perchè come

Meditare: cosa, perché, come?

È tempo di vederci chiaro.

Meditazione di qua, meditazione di là. Nonostante sia ormai una parola discretamente in voga nei circoli del benessere personale, l’impressione è che per molti resti una pratica dai contorni indistinti, avvolta da un’aura di mistero (e di magia?). Cercherò di diradare la nebbia con un essenziale vademecum

Cosa?

La meditazione è un esercizio con il quale si mira a raggiungere uno stato mentale, paragonabile all’atarassia degli stoici, caratterizzato da imperturbabilità (l’immagine è di uno specchio d’acqua limpido, perfettamente calmo), che scaturisce da un’appropriata cognizione di sé e presa dell’attimo presente (sempre fuggente).

Specchio d'acqua fermo

Perché?

Esaminatevi un secondo, fate mente locale sul voi stessi di ogni giorno.

Allora, riuscite a vedervi? come siete?

Notate le due costanti che vi accompagnano  lungo l’intero arco della veglia?

Siamo in balia dei flutti burrascosi di un oceano di pensieri ed emozioni, che ci sballottano senza respiro alcuno.

Oceano di pensieri ed emozioni

Non siamo al timone.

La nostra mente fa un’immane fatica a piazzare le tende nel momento del qui e ora, nel presente, al contrario, ama divagare eccessivamente nel passato sepolto, rivangando vecchie ferite o glorie perdute, e spaziare nell’ignoto futuro, angustiandosi di ipotetiche o del tutto fantasiose tragedie incombenti.

Passato e futuro

Non viviamo nel presente, e questo ha un prezzo…

Come inscritto nel tempio di Apollo a Delfi e come esortava Socrate: “Conosci te stesso“; dobbiamo fare altrettanto. Sì, perché siamo delle “sentinelle” che definire negligenti e dire poco! Le emozioni eludono agevolmente il radar della nostra consapevolezza, invadendo la psiche, dominando di conseguenza il nostro agire; e quando c’è ne avvediamo, se c’è ne avvediamo, il “misfatto”, la parola di troppo, la leggerezza, la bravata – l’eccesso, in poche parole – hanno oramai fatto il loro corso, e non sempre, malauguratamente, l’esito finale è innocuo.

Conosci te stesso

Sono riuscito a dare l’idea del perché dovremmo ambire a impadronirci se non altro di una delle redini che guidano le nostre vite?

Come?

Come vedete meditare è molto di più che contenere lo stress (che è da considerarsi un effetto collaterale, secondario)…

Ma ora veniamo al proverbiale mare, situato tra il dire e il fare!

La meditazione è una di quelle cose che hanno la paradossale prerogativa di essere insieme semplici e ardue da svolgere.

Nello stereotipo comune è questione di sedersi a terra, accavallare le gambe, disporre le braccia sui fianchi, mantenere le mani, le dita in pose peculiari e, naturalmente, chiudere gli occhi (pretendendo di non stare schiacciando un pisolino?). Tutto bene, non voglio dire che come approccio sia sbagliato – è compreso nel mio ventaglio meditativo – ma, come tra poco vedremo, è riduttivo pensare la meditazione soltanto in questa cornice formale… essa è in verità assai libera e duttile.

Premetto che quanto sto per esporre non esaurisce di certo l’universo sterminato e millenario delle pratiche, delle scuole, delle tradizioni di meditazione, bensì riguarda quelli che potremmo chiamare tranquillamente l’abbiccì, i fondamentali, che una volta interiorizzati potranno dischiudere vie meditative più profonde e radicali. 

Sono due le forme in cui un novizio deve esercitarsi con impegno e dedizione e tanta, ma tanta pazienza. La prima consiste nel focalizzare ogni grammo della nostra attenzione su una fonte sensoriale semplice (no musica, libri o film) a piacere, per il più lungo tempo possibile (di tanto in tanto vi distrarrete, tornate prontamente sull’attenti). Il respiro è l’esempio tipico: seguite il meccanico inspirare ed espirare dei polmoni, notate il moto espansivo e contrattivo del diaframma o concentratevi sull’aria che viene inalata e successivamente espulsa dalle narici, siate passivi spettatori dell’intero processo respiratorio (avere gli occhi chiusi aiuta).

Ma, come detto, potete sbizzarrirvi, lavorare di fantasia e trovare quello che più fa per voi chessò… l’oggetto della vostra concentrazione può essere la brezza che accarezza dolcemente il vostro viso durante una passeggiata – però, a pensarci, in fatto di sicurezza non è proprio il massimo, magari fatelo da seduti su una panchina – ; i zampilli d’acqua che picchiettano il vostro corpo mentre siete nella doccia o ancora, stando in piedi, percepite la totalità del vostro peso corporeo, lasciandovi, per così dire, cadere sui piedi (distribuite il peso su di essi, su tutta la loro superficie: collo, dita e pianta); passando dal tatto all’udito, potete prestare la mente a qualunque suono/rumore ambientale (su youtube c’è solo l’imbarazzo della scelta): il fiotto che s’infrange a riva per poi ritirarsi, il crepitio di un falò ardente, il fruscio di un prato erboso attraversato da una folata di vento; oppure siete delle persone “visive” e perciò potete prodigare l’attenzione a cose – chi mi segue assiduamente penserà subito al muro – , o immagini, per esempio un simbolo – i mandala su ogni altro – (se riuscite, anziché con gli occhi, potete provare a visualizzarli nella testa, con l’immaginazione); un bonus non sensoriale: potete focalizzarvi nel ripetere mentalmente un mantra, e cioè una parola o frase. Come vedete c’è ne per tutti i gusti…

mandala meditazione

Veniamo adesso al secondo must per gli aspiranti illuminati, che consiste “semplicemente” nell’accorgersi di quanto accade in noi stessi.

Anziché trovarci, senza cognizione, immersi nel flusso continuo di pensieri (sia linguistici sia grafici), ricordi, emozioni, sensazioni (caldo, freddo, calma, irrequietezza, rigidità, rilassatezza), dobbiamo attivamente prendere coscienza di ciò che di volta in volta sorge e inabita transitoriamente il nostro essere. Limitatevi a rilevare quello che capiterà di costituire il contenuto della vostra esperienza nel medesimo istante in cui esso fa la sua comparsa nella coscienza.

Flusso di coscienza

Diventate familiari con la vostra mente.

Qualsiasi pensiero, ricordo, emozione o sensazione vi si presenti, astenetevi dal dare un giudizio, non vi ci soffermate e non cercate di sopprimerlo: constate il suo nascere repentino e il suo dileguarsi ugualmente repentino: siate come una roccia incastonata in un torrente che semplicemente lascia scivolare, defluire l’acqua che inevitabilmente gli va incontro: rendetevi conto di cosa vi bagna e lasciatelo andare.

Roccia che lascia scivolare l'acqua

Come già ribadito, queste sono le basi da cui partire (e se volete, rimanere), ma non prendetele sotto gamba poiché vi daranno il loro bel da fare, parola di un praticante di medio corso.

Da un paio di minuti a qualche ora (se riuscite a fare più sessioni giornaliere e sicuramente meglio), ne vale sempre la pena. Voglio solo aggiungere che si tratta di vere e proprie abilità da acquisire, che non vengono padroneggiate dall’oggi al domani, ma che possono richiedere, non voglio mentire, anni e anni per diventare automatismi, per diventare nostra parte integrante, perché l’obiettivo ultimo non è quello di saper meditare a comando, in contesti selezionati, ma quello di essere di default nello stato meditativo.

Attenzione cosciente

Spero solo di essere stato sufficientemente chiaro e di aver dato delle dritte utili. Ora la meditazione non dovrebbe più rappresentare per voi un oscuro rebus ma la chiave di volta per un vivere migliore!

 

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Vis-à-mur

Vis-à-mur

Vis-à-mur

Può darsi che non sia la veduta più mozzafiato e stimolante di questo mondo, ma state pur certi che l’utilità dei muri non si esaurisce nel fornire sostegno strutturale agli edifici e nel circoscrivere o isolare degli spazi, delle aree.

L’illuminazione mi è venuta, neanche a farlo a posta, mentre guardavo un video sulla filosofia orientale, branca del sapere di cui sono alquanto a digiuno. Non ricordo il nome, ma ad un certo punto si raccontava di un monaco/eremita che, per acuire la propria capacità di concentrazione al massimo grado, avrebbe speso 5-15 anni (sono in dubbio, ma un cinque c’era, ne sono sicuro) rintanato in una caverna a fissare (senza posa? Mhhh…) una parete rocciosa!

Convengo che la storia non brilla certo per credibilità, ma l’idea mi stuzzicava, volevo “provare”. Difficilmente avrei trovato nei paraggi una grotta, né tantomeno sarei stato disposto, capace di passare neanche un giorno a scrutare della comunissima roccia, in un posto freddo e umido, figuriamoci degli anni…

E qui entrano in gioco le accoglienti e disponibili mura domestiche.

Mi sono ritagliato una porzione nuda di bianco muro da contemplare: una faticaccia!

La forza di volontà richiesta non è indifferente; starsene lì, di fronte a un muro, mantenendo un prolungato contatto visivo e cercando di non pensare a nient’altro… spossante.

Una specie di meditazione inversa: in piedi, con gli occhi aperti, l’esperienza del bianco. Non stupisce poi tanto che sia un eccellente esercizio per potenziare la concentrazione, se riesci a rimanere perfettamente attento, anche quando l’oggetto in questione è un muro, allora il resto è uno scherzo…

Trovate un parte di muro disadorno, posizionatevi a circa un metro di distanza e buona visione. Siate rilassati e provate a tenere libera la mente da ogni pensiero, lo sguardo non deve essere troppo penetrante, ma nemmeno troppo blando; le prime volte, non esagerate e fate quanto riuscite, orientativamente tenetevi sui 5 minuti, e quando ci avete fatto  l’occhio, se lo desiderate, puntate ai 10-15 minuto o addirittura alla mezz’ora!

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Paura, ansia e stress

Paura, ansia e stress

Paura, ansia e stress

Torniamo a (pre)occuparci dello stress, cruccio che non ha intenzione di passare affatto di moda, ma che è sempre sull’onda della giornaliera ribalta. Finora abbiamo cercato di trovare liberazione nella meditazione, nella respirazione e nell’unione (con il mondo); oggi però vediamo di “attaccare” la faccenda in altra maniera, dando ascolto alla voce dell’ormai scarso buon senso, e cioè alla radice.

Se analizziamo a ritroso l’origine dello stress, possiamo facilmente accorgerci che esso nasce dall’ansia scatenata da una nostra previsione, negativa, circa lo svolgersi fisico ed emotivo di un dato evento presente o futuro. Quindi il seme da cui germoglia tutto è la paura. E visto che, la maggioranza di noi, non vive nella giungla, dove vige l’impietosa e omonima legge, e non svolge lavori a elevato rischio di mortalità, penso ad esempio al soldato; la paura, l’ansia e lo stress di nostro interesse è prettamente quello, chiamiamolo, emotivo/sociale. Non ci preoccupiamo di essere inseguiti da una tigre affamata o di essere vittime del proiettile di un cecchino nemico; per la testa abbiamo: quell’interrogazione, quella verifica, quell’esame, quella gara, quell’esibizione, quella presentazione, quell’appuntamento, quel colloquio, quel progetto, quel lavoro, quella scadenza…

Dando per assodato di essere adeguatamente preparati alla nostra “impresa possiamo tentare di sopire la paura e infonderci la giusta dose di coraggio con piccoli escamotage psicologici.

Sono pronto, fatti pure avanti!

Sono pronto, fatti pure avanti!

Se guardiamo quello che ci aspetta con occhi di sfida, come un’opportunità per mettere in luce il nostro valore, allora niente ci potrà turbare!

Meglio una storia movimentata…

Meglio una storia movimentata...

Senza difficoltà, imprevisti, e ostacoli da superare, in fin dei conti, che vita (noiosa) sarebbe?

 

Non siamo niente

Non siamo niente

In confronto alla vastità e complessità delle vicende cosmiche, i nostri affanni appaiono “ridicoli”.

 

Mica ci lascierò realmente la pelle

Mica ci lascierà realmente la pelle

Imbarazzo? derisione? delusione? perdita? Male che vada vivrò.

 

Avere paura è naturale, ma è in nostro potere di decidere come reagire a essa.

Basta poco per ripetersi  mentalmente le voci che ho citato, ciò nonostante, se volete seriamente cambiare forma mentis, dovrete fare uno sforzo deliberato e continuato nel tempo. Coadiuvate l’aspetto pratico del benessere insieme a quello interiore: la vostra vita cambierà certamente per il meglio!

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Un calmante naturale

Un calmante naturale

Un calmante naturale

La respirazione è l’azione naturale e vitale per eccellenza, fondamentale al nostro essere. Per via della sua semplicità e del suo (semi)automatismo siamo però propensi a credere che la sua funzione si “limiti” a tenerci in vita; d’altro canto, la cultura orientale è rinomata per aver colto i benefici potenziali insiti nella pratica del respiro, ideando non soltanto tecniche, ma giungendo perfino ad istituire degli stili variegati e peculiari (e scuole?) che vantano una tradizione millenaria. Nell’ampio ventaglio di scelte voglio illustrarvi quanto suggerito dal Dott. Andrew Weil, medico statunitense considerato un guru della medicina olistica ed integrativa, il metodo di respirazione: 4-7-8.

Procedimento

L’esercizio può essere eseguito in qualunque posizione, anche se è consigliato, mentre si prende dimestichezza, farlo da seduti (ovviamente con la schiena diritta). Fissate la punta della lingua contro il palato, proprio poco prima degli incisivi, essa dovrà restare in questa sistemazione per l’intera durata dell’esercizio; all’inizio potrà sembrare impossibile non muovere la lingua, tuttavia bisogna insistere, perché si tratta di un dettaglio importante al raggiungimento del benessere associato a questa pratica.

  • Buttate tutta l’aria attraverso la bocca con un “fruscio”.
  • Chiudete la bocca e inalate silenziosamente dal naso per 4 secondi.
  • Trattenete il respiro per 7 secondi.
  • Espirate tutta l’aria in modo sonoro come all’inizio ma per 8 secondi.

Questo è un ciclo, ora inspirate di nuovo dal naso e ripetete il tutto 3 volte, per un totale di 4 cicli a sessione. Può capitare che la prima volta si avverta un leggero capogiro.

Se non riuscite subito a rispettare i tempi stabiliti, pazienza… potete benissimo accelerare il conteggio mentale, a patto che che manteniate la proporzione di 4-7-8; con la pratica, prima o poi, riuscirete senza problemi non solo a essere precisi al secondo ma anche a rallentare l’andatura dei vostri cicli, per un beneficio ancora superiore.

Frequenza

Almeno 2 volte al giorno (per un massimo di 4 volte, da ripartire comunque in periodi non ravvicinati). Per il primo mese non superate i 4 cicli a sessione, in seguito, se volete, potete estendere fino a un massimo di 8 cicli alla volta.

Benefici

  • Allieva la tensione e lo stress.
  • Facilita il sonno, in questo senso è un aiuto contro l’insonnia.
  • Contrasta le voglie di cibo.
  • Riduce gli stati ansiosi.
  • Predispone alla meditazione, personalmente lo trovo un ottimo “riscaldamento”.

 

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Meditazione a 4 tempi

Una vita migliore con la meditazione

Meditazione a 4 tempi

Non importa chi voi siate o che cosa voi facciate, fare della meditazione una routine, apporterà sicuramente benefici alla vostra salute; inoltre, questa pratica impatterà in modo positivo sull’esito delle vostre performance, sia  che si tratti di studio/lavoro oppure di attività sportive. Molti però, guardano alla meditazione con diffidenza, considerandola un’azione non ben identificata (spesso sotto un alone mistico), riservata a monaci relegati in un tempio, magari in cima ad una montagna innevata senza contatti con il mondo esterno. In verità, la meditazione è ampiamente praticata da: CEO di successo, atleti olimpionici, scrittori di best seller e la lista potrebbe continuare… Ma in cosa consiste la meditazione? Non c’è una risposta univoca a questa domanda, infatti esistono innumerevoli forme di meditazione. Qui, voglio condividere la mia esperienza personale sull’argomento.

Prima di iniziare…

Posizione: potete stare in piedi, seduti o sdraiati, la cosa importante è che siate a vostro agio. Tenete sempre una postura corretta, quindi con la schiena ben dritta e con la punta della lingua toccate il palato (parte superiore della cavità orale). Chiudete gli occhi.

Consigli:

  • Non iniziate se lo stomaco è troppo pieno o troppo vuoto.
  • Non praticate in stato di controvoglia.
  • Alla fine degli esercizi, se eravate in posizione sdraiata, non alzatevi velocemente.
  • Cercate di meditare sempre alla stessa ora.

A questo punto iniziamo  ad illustrare le 4 fasi in cui è articolata ogni mia singola sessione di meditazione:

1) Orecchie aperte: concentratevi su ciò che sentite intorno a voi, e per ogni suone che udite, proferite mentalmente che cosa avete sentito, per es. sento un’auto che passa, sento un cane che abbaia, sento dei passi ecc. Ovviamente se uno stesso suone si ripresenta non c’è bisogno di ripeterlo; nel caso in cui la sorgente del suono non sia familiare o riconoscibile, basta descrivere il genere di suono, per es. stridio, tonfo, tintinnio ecc. La durata di questa fase è a vostra discrezione.

Orecchie aperte

2) Body scan: focalizzate la vostra attenzione su ogni singola parte del vostro corpo, partendo della testa per arrivare fino ai piedi, se la parte in questione risulta essere tesa: “rilasciatela” in modo da rilassarla. Probabilmente, all’inizio risulterà una scansione grossolano ma con il passere del tempo, riuscirete a sentire con maggiore dettaglio anatomico il vostro corpo.

Body scan

3) Torrente di pensieri: visualizzate in una specie di riassunto video i fatti salienti della giornata, in alternativa potete semplicemente far fluire in modo libero i vostri pensieri, uno dopo l’altro, assistendo passivamente a ciò che viene casualmente evocato. Passate all’ultima fase quando avrete esaurito gli avvenimenti oppure quando le idee comincieranno a ripetersi in loop.

Torrente di pensieri

4) Mantra respiratorio: respirate normalmente con il naso, concentrandovi sul vostro respiro, ripetete mentalmente la parola “guarigione” mentre inspirate e la parola “pace quando espirate. Eseguite questa procedura il più lentamente possibile per circa 5-10 minuti.

mantra respiratorio

Una volta terminato, aprite con calma gli occhi e riprendete progressivamente a muovervi. Nel giro di 2-3 mesi potrete ottenere i seguenti benefici:

  • Riduzione di ansia e stress.
  • Miglioramento della memoria.
  • Maggiore consapevolezza del proprio corpo e dell’ambiente circostante.
  • Recupero fisico accelerato.

Fondamentale, neanche a dirlo, è la costanza. Per quanto uno abbia l’agenda piena di impegni, non credo sia impossibile ritagliarsi uno spazio dedicato alla meditazione, tuttavia, se saltate qualche giorno non è di certo la fine del mondo.

Aspirate a fare della meditazione un’abitudine di vita e il vostro corpo e la vostra anima ve ne saranno riconoscenti!

ps: Non riuscite ad entrare nello stato mentale giusto? Provate con questa tecnica di respirazione

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