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Che gli uomini fossero creature multiformi non era una novità per lo Svedese, anche se era sempre un po’ uno choc doverlo constatare nuovamente ogni volta che qualcuno ti dava una delusione. Ciò che lui trovava stupefacente era il modo in cui gli uomini sembravano esaurire la propria essenza – esaurire la materia – qualunque fosse, che li rendeva quello che erano – e, svuotati di se stessi, trasformarsi nelle persone di cui un tempo avrebbero avuto pietà. Era come se, mentre la loro vita era ricca e piena, essi fossero, in segreto, stufi di se stessi e non vedessero l’ora di liberarsi del loro discernimento, della loro salute e di ogni senso delle proporzioni per passare all’altro io, il vero io: che era uno stronzo detestabile e completamento illuso. Era come se trovarsi in sintonia con la vita fosse qualcosa di accidentale che poteva capitare, certe volte, ai giovani fortunati; mentre, per il resto, era una cosa con la quale gli esseri umani non riuscivano a rapportarsi.

Philip Roth – Pastorale americana

Un accidente

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Un insetto: splat!

Un insetto: splat!

Un insetto: splat!

Quanti insetti pensate di aver schiacciato, nel corso della vostra vita? quanti? Io parecchi.

Lo ricordo vividamente, la mia “carriera” di spiaccicatore di minuscoli invertebrati è cominciata con le laboriose formiche. Nel cortile, sul retro del negozio dei miei, accovacciato, scrutavo incuriosito l’incedere di quegli esserini sul terreno, che alla loro percezione doveva parere una sconfinata landa grigia e pietrosa. Li seguivo imbambolato con lo sguardo mentre si prodigavano a procacciarsi il nutrimento per la colonia: molliche di pane e vari insetti stecchiti; una processione ordinata che si snodava tra superficie e sottosuolo. Purtroppo, per le formiche, la fase d’incanto non si protrasse a lungo e ben presto, immagino, le trovai terribilmente noiose… il ripiego fu presto trovato. L’istinto mi portò dapprima a bombardare i miei bersagli con furiose pestate, ma visto lo scarso successo e il grande chiasso prodotto, il quale mi candidava a una sicura strigliata d’orecchie, cambiai tattica: passai alle mani, o meglio, ai polpastrelli del pollice e dell’indice. Le sventurate avevano due prospettive, venire compresse in palline marroni o venire sbriciolate in polvere.

Non lo nego, ne ricavavo un velato senso di eccitazione, presumibilmente adrenalina.

A parte le formiche, mi ricordo che una volta sono riuscito a rinchiudere un grillo dentro una bottiglietta di plastica vuota, che in seguito ho riposto nel congelatore; un’altra volta, sempre in una bottiglietta, questa volta con dell’acqua, ho shakerato per bene una coccinella (chissà quanti anni di sfiga mi sono così accollato).

Alla faccia dell’innocenza e della purezza dei bambini, vero?

Passato quel breve e fuggevole periodo della mia vita, a oggi non ho da segnalare altri accanimenti del genere. La conta degli insetti schiacciati/elettrificati (quella mini racchetta elettrica è un’invenzione geniale), si capisce, non si è di certo arrestata, tuttalpiù sono cambiate le dinamiche…

Se prima ricercavo proattivamente, ora mi limito a reagire a un avvistamento accidentale, se prima vi era un qualche tipo di coinvolgimento emotivo, ora dispenso il mio arbitrio con distacco e freddezza apatica; inoltre, ora ho, di tanto in tanto, a che fare, in ordine di assiduità, con: moscerini, falene, ragni, mosche, pesciolini d’argento (data la stagione, le zanzare prendono ovviamente il primo posto).

Non avevo mai lasciato adito, fra i miei pensieri, ad un esame sul mio rapporto con gli insetti, la specie che incorpora entro le sue fila la biodiversità più pullulante del pianeta. Del resto sono solo insetti, giusto? Eppure, eppure qualcosa è scattato in me, dopo un recente “splat”. Stavo al computer, come sempre a perdere il mio tempo in modo costruttivo, quando un moscerino invase il mio campo visivo, svolazzandomi irritabilmente attorno, io quel punto, senza tanto ponderare, presi la mira e congiunsi le mani in un sonoro boato; disfai la “pressa”, scrutai i resti: un moto di  riflessione prese di botte piede, mi travolse improvvisamente, come una mina fatta detonare da un passo falso. Cominciai a mettere in discussione l’innocenza, l’insignificanza di quella azione compiuta con fare tanto naturale…

Con quale diritto mi arrogo la libertà di disporre della vita di un insetto? per quale ragione mi riesce così facile? E il ritratto della mia reputazione morale, non figurerei forse come un assassino? Qualcuno mi dirà: “Ma che dici? cosa vai a pensare? Sono solo insetti.”. Ma è precisamente quel “solo” che adesso mi sento in dovere di sondare.

La pochezza di riguardo che abbiamo nei confronti degli insetti è perfettamente testimoniata dal fatto che, quando vogliamo riferirci, in tono altamente dispregiativo, a qualcuno di insulso. vile o molesto, lo paragoniamo a un insetto (lurido e schifoso, che merita di essere schiacciato). Sicuro, obiettivamente, in termini di complessità biologica, possiamo tranquillamente  definirci una forma di vita superiore. Detto questo però, sta forse scolpito in qualche tavola di pietra, che la superiorità debba automaticamente  abilitare al “giudizio universale”? Schiacciamo gli insetti perché dall’alto della nostra superiorità siamo messi in grado di farlo?

Sono dell’opinione che la preponderante inesistenza di scrupoli sia riconducibile a un semplice, se volete biasimevole, presupposto di base, che abbracciamo inconsciamente: gli insetti non sono propriamente degli esseri viventi. Quando vediamo un insetto posato su di un muro, non vediamo una vita, ma un coso fastidioso del quale liberarci alla svelta; un oggetto indesiderato, e per gli oggetti nessuna pena o pietà… 

Ma tentiamo di risalire ulteriormente a monte della questione: che cosa mai ci gravita a “devitalizzare” l’insetto? Be’, dopo un lungo lambiccare sono giunto alla mia conclusione: la piccolezza. A dirla tutta, la ragione non mi è totalmente chiara, sennonché siamo propensi ad ascrivere minore dignità e valore a ciò che è ridotto in dimensione, come se la qualità della mole, rispecchiasse la qualità dell’esistenza; e questo ci conduce a fare inferenze (inconsce) del tipo: “Cosa vuoi che conti una vita così minuscola? C’è o non c’è, non fa alcuna differenza… posso dunque fare un po’ come mi aggrada, tanto non ci sono conseguenze di sorta…“. Disgraziatamente, oltre al fatale “difetto” della piccolezza, gli insetti, proprio perché insetti, hanno una morfologia distante, aliena dalla nostra di mammiferi, che di norma troviamo ostile e repellente; per giunta, come se la nostra possibilità di provare empatia e compassione non fosse già compromessa a sufficienza, si dà la circostanza che gli insetti non sanguinino rosso,o perlomeno la vasta maggioranza di essi, ma “bianco”, giallo, verde linfa, a guisa di piante.

D’accordo, il tassello “razionale” è al suo posto, ora… eh già, ora ci tocca addentrarci sul suolo morale, il più delle occasioni, un viaggio niente affatto di piacere…

Nel nostro caso, sorpresa sorpresa, il terreno si sgretola rovinosamente sotto i nostri piedi e non c’è appiglio a cui aggrapparci, non c’è appiglio che tenga il nostro peso. Possiamo metterla come vogliamo, addurre tutte le ragioni del mondo (ci danno fastidio? Invadono il nostro “territorio”?), ma il fattaccio rimane: siamo dei gelidi assassini, chi più, chi meno; poiché non credo che siano tantissimi gli insetti che hanno la facoltà di attentare alla nostra vita (anche se le zanzare…), e certamente non ci imbattiamo tutti i giorni in essi, né mi risulta che il nostro sostentamento si basi sul cibarsi di codeste creature, almeno per il momento…

Riconosco, nondimeno, che ci sono dei frangenti nei quali si è in un certo qual modo obbligati ad agire, se si vogliano prevenire ripercussioni sulla salute umana. Mi riferisco a quella categoria di insetti conosciuti come infestanti; gli scarafaggi, per intenderci.

Possiamo arrivare ad ammettere di essere degli assassini, ma possiamo arrivare a provare rimorso, pentimento? Io non ho problemi a convivere con la consapevolezza di avere sangue di insetti nella mani, e voi? Alla fine, può darsi che sia inevitabile per noialtri non vederli che come “insetti”.

P.S. Mi è venuta in mente un’altra forte discriminante che facilità la nostra mano: gli insetti non emettono grida di dolore o lamento quando attaccati e feriti (o forse non possiamo udirli? Comunque sia, vista la rapida liquidazione a cui sono soggetti, anche se potessero esternare le loro condizioni non ne avrebbero il tempo…

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