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There’s more than meets the eye

There is more than meets the eye

There’s more than meets the eye

No, non mi viene in mente un corrispondente italiano che riesca con eguale icasticità a comunicare ciò che voglio comunicare…

Per chi non fosse proprio ferrato in inglese, è una frase idiomatica traducibile con “c’è sotto qualcosa“, “c’è dell’altro“.

Ma sotto a che cosa? dell’altro rispetto a che cosa?

A tutto, in pratica.

Ma, per convenienza, demarchiamo il discorso a noi stessi. Allorché i miei occhi “incontrano” l’altro, ne apprendo istantaneamente la fisicità: la costituzione corporea, la fisionomia dei tratti, l’espressione del volto, che a suo volta può illuminare, per sommi capi, l’interiorità: l’umore, lo stato d’animo corrente; sennonché, giustappunto, there’s more than meets the eye… un qualcosa, dell’altro, che non possiamo aspettarci di rischiarare con un semplice sguardo.

Avete presente il detto: “Se solo queste mura potessero parlare” (con cui si allude alla caterva di avvenimenti che hanno avuto luogo in un determinato posto, del quale le pareti sono le testimoni simboliche)? Ecco, è esattamente lo stesso con noi: se solo le nostra pelle (?) potesse parlare, se i suoi innumerevoli pori potessero emanare e rendere perspicuo, palpabile, il vissuto, quel fagotto invisibile, sempre più stipato, che necessariamente ci portiamo appresso, fatto di un miscuglio unico di esperienze, vicende, azioni, relazioni ecc; che hanno concorso a plasmare gli individui che oggi siamo.

Ricordate, la prossima volta che i vostri occhi si poseranno su un oggetto – meglio se un minimo datati – , una costruzione, su un altro essere umano: THERE’S MORE THAN MEETS THE EYE! e che – ci metterei (quasi) la mano sul fuoco – vi sarebbe almeno un fatto che saprebbe lasciarvi a bocca aperta e con gli occhi sgranati, dallo sbalordimento…

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